"Siamo tutti Pomigliano" non e’ solo uno slogan: ovunque ormai, a scuola, in fabbrica, in ufficio, e’ diffuso un sentimento di insicurezza, la percezione che basta un niente, una delocalizzazione, una ristrutturazione, una dichiarazione di stato di crisi perché da un giorno all'altro un lavoro a tempo indeterminato- una volta considerato poco stimolante ma certamente sicuro- si trasformi in lavoro precario.
Così, in un contesto storico-politico di generale instabilita’ e di estrema frammentazione sociale, a Pomigliano si sperimenta tutto il deficit morale,culturale e gestionale di cui imprenditoria e governo italiani sono capaci, sotto la sguardo di un sindacato- per fortuna non tutto- compresso tra l’ imbarazzo di una proposta indecente e il fantasma della propria estinzione definitiva. Credo sia del tutto evidente che il diritto allo sciopero negato, le ottanta ore di straordinario annue «senza preventivo accordo sindacale», un ciclo del lavoro a 18 turni (con l'ultimo turno che finisce alle 6 della mattina di domenica), 10 minuti in meno di pausa nell'arco di una giornata, pausa mensa a fine turno che rischia di essere riempita da lavoro straordinario siano i cardini di un accordo - firmato da Fiat e sindacati Fim, Uilm e Fismic - tra un padrone che tiene il coltello dalla parte del manico e un lavoratore sotto ricatto.
Pomigliano rappresenta una applicazione pratica di quella politica che negli ultimi anni ha progressivamente operato la soppressione dei diritti costituzionali e umani e cancellato le gloriose battaglie che li avevano affermati. Cultura e politica che hanno ridotto un intero corpo sociale in stato di sudditanza: le donne non decidono piu’ del loro corpo, i lavoratori sono schiavi , le leggi ad personam, la magistratura delegittimata, la scuola e la ricerca cestinate , l’informazione imbavagliata, l’ambiente annientato o svenduto. Una classe dirigente venata da corruzione morale e materiale che ripropone modelli socio-economici-culturali vecchi di secoli trascinando il paese in un vicolo cieco.
In questo clima da “Mondo nuovo” huxleyano Pomigliano una piccola lezione ce la da’: gli operai lazzaroni ,turco-napoletani, assenteisti e furbacchioni , da mesi col salario falcidiato dalla Cassa integrazione, chiamati a decidere contro se’ stessi in un'area geografica afflitta da povertà endemica e camorra, hanno detto “ni”.
Difficile dire cosa avremo fatto noi al posto loro.
Chissa’ questo punto se sara’ il falso liberal Marchionne a trovare il capro espiatorio su cui far ricadere responsabilita’ sue , di Fiat e del Governo per richiudere Pomigliano (e non solo).Pomigliano non e' solo terreno di calpestio dei diritti, ma anche campione di miopia/malafede industriale.
Il destino delle produzioni in crisi , tra i quali l'automobile occupa il secondo posto dopo gli armamenti, e’ segnato se non si ragiona su una prospettiva di riconversione produttiva green ,che non si attua schiavizzando la mano d’opera o trasferendo la Panda a Pomigliano,ne’ tantomeno la si puo’ operare dall’oggi al domani.
Nel caso specifico potrebbe essere messo a punto un piano europeo di riconversione delle industria dell'auto, che accompagni la sua transizione verso il sistema della nuova mobilità urbana. Un piano completo di ammortizzatori sociali e formazione dei lavoratori del settore, che promuova l’integrazione con i produttori di componenti/ sistemi per la nuova mobilità e con i centri di ricerca .Un piano che indirizzi commesse straordinarie delle amministrazioni e delle aziende pubbliche per lo sviluppo di sistemi di mobilita alternativa
In generale i settori in cui progettare, creare opportunità e investire non mancano: dalle fonti di energia rinnovabili all'efficienza energetica, dalla mobilità sostenibile all'agricoltura a chimica e chilometri zero, dal riassetto del territorio all'edilizia ecologica. Tutti settori che hanno un futuro .
Illusorio oggi pensare che la riconversione green arrivi dall’alto, piu’ probabile e’ la sua costruzione dal basso: fabbrica per fabbrica, comitato per comitato , citta’ per citta’, coinvolgendo le forze sane, le risorse intellettuali, i comitati ambientalisti , i cassintegrati e i giovani senza lavoror, i gruppi di economia solidale etc etc del territorio ,oltre ai governi locali per presentare una proposta locale avanzata , in grado di stanare governo e imprenditoria.
E le risorse?Io credo che una parte del mondo imprenditoriale, piu’ slegato dalla politica e dai grossi poteri sappia cogliere le opportunita’ di un modo di produrre sostenibile. Per quel che riguarda il governo centrale si potrebbe cominciare ad investire su ricerca e rinnovabili e progetti di riconversione green, anziche’ gettare denaro pubblico nelle rottamazioni ,nei ponti di Messina , nel nucleare , negli expo e nelle penali Ue per tutte le violazioni ambientali ,riportandoci all'età della pietra e riempiendoci di veleni.
Chi sono
Candidata Sindaco per il comune di Como alle elezioni del 6 e 7 maggio 2012 per la lista Ecologisti e reti civiche.
Nata a Como nel 1962. Laureata in Architettura e insegnante di Progettazione all’istituto Statale d’Arte per l’arredamento di Lomazzo. Membro del consiglio nazionale degli Ecologisti e Reti Civiche, responsabile regionale dei Verdi e portavoce dei Verdi di Como, è stata consigliera comunale dal 2002 al 2007 e membro della Commissione urbanistica Comune di Como. E’ promotrice di progetti ambientali nelle scuole, del Parco Canile della Valbasca e del Piano del Verde della città di Como. Impegnata in progetti di cooperazione internazionale a sostegno dei minori in difficoltà.
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