Chi sono
Candidata Sindaco per il comune di Como alle elezioni del 6 e 7 maggio 2012 per la lista Ecologisti e reti civiche.
Nata a Como nel 1962. Laureata in Architettura e insegnante di Progettazione all’istituto Statale d’Arte per l’arredamento di Lomazzo. Membro del consiglio nazionale degli Ecologisti e Reti Civiche, responsabile regionale dei Verdi e portavoce dei Verdi di Como, è stata consigliera comunale dal 2002 al 2007 e membro della Commissione urbanistica Comune di Como. E’ promotrice di progetti ambientali nelle scuole, del Parco Canile della Valbasca e del Piano del Verde della città di Como. Impegnata in progetti di cooperazione internazionale a sostegno dei minori in difficoltà.
giovedì 27 gennaio 2011
Ci tengo molto a scrivere qualche pensiero in occasione della giornata della Memoria.Ci tengo come madre , come insegnante , come politico ,tre figure che oggi hanno il dovere di riaffermare in tutti i modi e in tutte le sedi i principi fondamentali su cui e’ nata la nostra democrazia e a lavorare per il risveglio di una coscienza collettiva di fronte all’attacco costante che gli stessi subiscono oggi .
Oggi chi ci governa attacca la Costituzione, le istituzioni di garanzia costituzionale, a partire dalla magistratura fino al Presidente della Repubblica , perseverando in comportamenti criminosi e immorali nella folle corsa verso un nuova forma di autoritarismo. Un nuovo potere assoluto che forse non assume gli stessi attributi esplicitamente dittatoriali del fascismo , ma che lo ricalca nelle proposte di arresto preventivo per reprimere il desiderio di giustizia e di diritti dei giovani che non ci stanno.
Una giostra vergognosa di nani e ballerine che diventa ahimè persino un modello culturale a cui tendere, a cui aspirare.
Oggi -forse non a caso- ho ricevuto per la seconda volta un invito su facebook di adesione ad una iniziativa che si sta diffondendo sui social network tra le donne:” riscopriamo le grandi donne del passato, per permettere a quelle del presente di avere modelli diversi di identificazione .Scegli una grande donna della storia e usane la foto nel tuo profilo”.
Un altro modo per dire BASTA
. Quale figura femminile scegliere? Non ho dovuto andare molto lontano , e’ bastato che guardassi accanto a me, nella mia famiglia: ho scelto Carla Badiali.
Ne ripropongo un breve ritratto attraverso le parole di Giuseppe Guin :
Era la sera del 9 novembre del 1917. La sera del suo decimo compleanno. Carla se ne stava seduta nella sua stanza, al secondo piano della casa di Sant’Etienne, in Francia. Quando il padre, Ettore, entrò, la vide ancora una volta con una matita smozzicata in mano e altre, colorate, con la punta squadrata. «Carla è pronta la torta e c’è anche un regalo per te» le disse e la portò nella sala da pranzo dove, proprio in mezzo al tavolo, accanto alle dieci candele accese, stava un pacco con un grande fiocco verde, a fiori rossi. Carla lo aprì, prima ancora di soffiare sulle candele e, dentro, trovò una scatola di latta con 24 colori ad olio. «Così la smetterai di usare le mie matite», le disse sorridendo papa Ettore e, da quella sera, la piccola Carla comincio a giocare con i colori. Era il 1917 da lì a qualche anno la famiglia si sarebbe trasferita a Como e nessuno sapeva ancora che quella bambina, che consumava le matite, sarebbe diventata un’artista, uno dei simboli dell’astrattismo, l’unica donna ad esporre alla Biennale di Venezia del 1942, un genio del disegno su tessuto.
Scoppiata la guerra,Carla si schierò con i partigiani, come partigiano era il marito Alessandro(poi internato a Mauthausen, sopravvissuto e tra i fondatori del Partito d’Azione ), di origini ebraiche. La mattina del 12 giugno 1944, prima dell’alba, sentì bussare. Colpi secchi, rabbiosi, insistenti. Dopo pochi attimi, Carla e Alessandro si trovarono entrambi sbattuti su un camion, stretti tra uomini in divisa, che puzzavano di grappa e tabacco. Li portarono a Milano, nella famigerata Villa Triste, dove i fascisti della banda Koch facevano confessare chiunque. Carla venne lasciata sola, per ore, in una stanza buia e umida, poi due ceffi della peggior specie, la portarono dal marito. Stava seduto per terra, nudo, occhi pesti, gambe livide e un fiotto di sangue che gli scendeva dalla testa fin sul petto. «Così finiscono quelli che non parlano» le dissero e la portarono nella stanza degli interrogatori. Non disse una parola, Carla Badiali. Non rivelò un nome, non svelò un nascondiglio, non tradì un solo amico. Immobile. Impassibile. E finì anche lei come il marito, buttata per terra, lividi sul corpo e il sangue che le scendeva a fiotti.
La rinchiusero a San Vittore, compagna di cella di Lisetta Foa, incinta di qualche mese. Fu proprio lì, accanto a quella futura madre, che anche Carla scoprì di aspettare il figlio di Alessandro, «I nostri bambini non nasceranno qua dentro - disse alla Lisetta - da qui dobbiamo scappare». Aspettò il pasto di mezzogiorno. Nelle ciotole di alluminio le portarono, quella volta, degli spaghetti scotti al pomodoro. Lei raccolse il sugo in un fazzoletto di carta e trangugiò la pasta. Aspettò che i secondini se ne andassero, poi si spalmò sulle gambe il sugo di pomodoro e cominciò ad urlare. Le piombarono addosso in tre. Arrivò il medico del carcere e venne trasferita per minaccia di aborto al Policlinico. Ci rimase pochi giorni. Una notte, dalle finestre del primo piano, che davano su via Commenda, entrarono due partigiani, con il volto coperto da un passamontagna. Disarmarono i due federali che la piantonavano, li stordirono con un colpo alla nuca e portarono via la minuscola Badiali, così com’era, in camicia da notte.
«Non ho fatto la Resistenza",-diceva sempre-" ho fatto semplicemente resistenza con i mezzi che avevo» e i suoi mezzi erano le incredibili capacità artistiche. Gli uomini delle Brigate nere avevano arrestato Franco Momigliano e bisognava a tutti i costi portarlo via dal carcere. L’ordine arrivava direttamente dai vertici del Cln e gli emissari comaschi andarono a bussare proprio a casa Badiali. Solo lei, Carla, era in grado di falsificare i documenti. Lei accettò e passò quattro intere notti a lavorare con gli inchiostri e la scolorina. «Non ce la farò mai a riprodurre il timbro del podestà» disse, sconsolata, ai partigiani che le stavano appresso, con il fiato sul collo. «Ci devi riuscire, Carla!» E la quinta notte, dopo l’ennesimo tentativo e l’ennesimo intruglio di colori, riuscì a riprodurre, identico, il timbro del podestà, sui documenti che autorizzavano l’uscita di Momigliano dal carcere, per un interrogatorio. Un’eroina della Resistenza, Carla Badiali, ma soprattutto un’artista della libertà.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Ed un esempio a non arrendersi mai aggiungerei....
RispondiElimina